Penso che ognuno di noi abbia della caratteristiche intrinseche e immodificabili scritte nel DNA. Per quanto ci diamo da fare per nasconderle, modificarle, limarle o più semplicemente accettarle, restano impresse nei nostri atteggiamenti, come il marchio a fuoco su una forma di parmigiano.
Sono ormai persuasa del fatto che il mio marchio sia l'anticonformismo. Spesso questo termine viene usato con una connotazione negativa e associato agli snob o ai polemici a quelli, tanto per intenderci, a cui non va mai bene nulla e hanno sempre da ridire su qualcosa. Per quanto mi riguarda posso solo garantire di essere lontana anni luce dall'essere snob ma ammetto ogni tanto di essere un filino polemica ma più che altro perchè di fronte a delle situazioni o a delle affermazioni non riesco proprio a stare zitta.
Sono ormai persuasa del fatto che il mio marchio sia l'anticonformismo. Spesso questo termine viene usato con una connotazione negativa e associato agli snob o ai polemici a quelli, tanto per intenderci, a cui non va mai bene nulla e hanno sempre da ridire su qualcosa. Per quanto mi riguarda posso solo garantire di essere lontana anni luce dall'essere snob ma ammetto ogni tanto di essere un filino polemica ma più che altro perchè di fronte a delle situazioni o a delle affermazioni non riesco proprio a stare zitta.
E se essere anticonformista significa ritrovarsi a volte (da sola) fuori dal 'coro', allora lo sono. Sono allergica alle tradizioni, non mi piace il Natale e non lo festeggio, non festeggio neppure compleanni, anniversari, ricorrenze e non faccio e non voglio regali per quelle occasioni (ma ve lo confesso: adoro i regali a sopresa, quelli che arrivano in momenti che non hanno nulla a che fare con la circostanza segnata sul calendario); non amo fare le gite fuori porta nei fine settimana ma solo perchè n0n riesco a concepire le code chilometriche del rientro in città; detesto i luoghi affollati come le spiaggie della domenica, i centri commerciali e i parchi in estate (forse per la promiscuità che vivo tutti i giorni in metropolitana?); al cinema ci vado ma allo spettacolo delle 16 o delle 18 e un pò godo quando uscendo dalla sala (dove sono stata in compagnia di poche persone e senza 'sgranocchiatori' di patatine e pop-corn) vedo interminabili file alla casse. Non faccio il pic-nic a Pasquetta e non vado al cinema il giorno di Santo Stefano. L'ultimo dell'anno emigrerei in una grotta a fare compagnia all'eremita che la abita e non mi interessa seguire la moda. Ai matrimoni ci andrei in jeans e scarpe comode e se mai mi dovessi sposare, organizzerei un matrimonio con ricevimento lampo perchè so già che mi annoierei. E' più forte di me: se le cose sono imposte per abitudine o per tradizione, io scappo come se fossi inseguita dal virus della peste :-)
Così sull'onda di questo 'anticonformismo cronico' e inscindibile dai miei geni, mentre in molte cucine si spengono i fornelli a causa del caldo soffocante di questo inizio estate, io mi chiudo in casa con l'aria condizionata e accendo il forno per preparare questi biscotti invernali al cioccolato che una volta raffreddati, sono gustosi tanto quanto una fetta di cheese-cake o una torta gelato.
Vi devo confessare però, che il biscotto in questione è un pò il pretesto per un omaggio a qualcosa che amo particolarmente. Si tratta dell'arte giapponese dello shiatsu che ho studiato per tre anni e praticato con assiduità e che mi ha dato tante soddisfazioni. Per fare questi biscotti e per praticare lo shiatsu (shi=dito/atsu=pressione) ci vuole un bel pollice!
La filosofia alla base dello shiatsu è quella taoista il cui pensiero è rivolto a tutto ciò che accade nell'universo (macrocosmo) che si ripete anche nell'uomo (microcosmo) che altro non è che un universo in miniatura composto dagli stessi elementi, mosso dalle stesse energie e soggetto alle stesse leggi, in una visione unificante. Da questo pensiero nasce la Medicina Tradizionale Cinese che in seguito approda, nel corso del VI secolo d.C. in Giappone in cui troverà largo consenso. Non voglio dilungarmi sui concetti fondamentali come il KI (energia) e sullo YIN e lo YANG che richiederebbero ben più di un post, ma il ricordo di quegli anni trascorsi in seiza (seduta sui talloni) sul tatami mentre mi preparavo a fare un trattamento shiatsu, rimangono indelebili nella mia memoria di shiatsuka. La filosofia orientale è davvero agli antipodi di quella occidentale e mai cosa migliore mi è capitata quando decisi di iscrivermi alla scuola professionale. Il pollice l'ho usato per esercitare una pressione sensibile e cosciente su schiene, gambe, braccia, visi, mani e piedi; l'ho usato per comunicare ma allo stesso tempo per ricevere le sensazioni che il corpo era in grado di trasmettermi. Un pò come la materia di cui è fatta la cucina: si schiaccia, si preme, si spreme, si deforma e si riforma, ogni volta con un risultato diverso frutto dell'intezione che avevamo prima di iniziare cucinare. Lo shiatsu è bellissimo, ed è un viaggio dentro noi stessi che almeno una volta varrebbe la pena provare, quasi quanto la cucina. :-)
Biscotto-do
"La via che conduce al biscotto"
Omaggio allo shiatsu e alla mia carissima amica blogger Valentina di 'Ritroviamoci in cucina', distante da me mille+mille km ma affine nei pensieri, nelle idee e nell'entusiasmo (la ricetta è sua con qualche mia variazione).
Per circa 50 biscotti
125 gr di burro
1 uovo
80 gr di zucchero di canna (quello marrone scuro e umido)
70 gr di fecola di patate
30 gr di cacao amaro
150 gr di farina 00
mezzo bacello di semi di vaniglia
Per la ganache:
120 gr cioccolato fondente
50 gr di latte intero
50 gr di miele di acacia
Fate sciogliere nel microonde il burro senza farlo friggere, quindi aggiungete l'uovo, 80 gr di zucchero, 70 gr di fecola di patate, 30 gr di cacao amaro, 150 gr di farina 00 e i semi della vaniglia. Mescolate con cura poi infarinate il piano di lavoro e lavorate l'impasto con le mani fino a che gli ingredienti non si saranno amalgamati. Non dovreste aver bisogno di aggiungere altra farina perchè
l'impasto dovrà staccarsi dalle mani restando però molto morbido.
Foderate
una placca con carta da forno e formate delle palline
grandi quanto una noce e disponetele sulla placca. A differenza di altri biscotti, non dovrete avere l'accortezza di distanziarle molto tra loro perchè non cresceranno
tanto, quindi con un'infornata potrete cuocere parecchi biscotti. Con il dito premete al centro di ogni noce con decisione, ma delicatamente, assaporando l'istante in cui il pollice affonda nell'impasto e in quel momento voi sarete il biscotto :-)
Infornate a 180° per 15 minuti, quindi tirateli fuori e fateli raffreddare completamente su una graticella.
Per la preparazione della ganache, spezzettate il cioccolato in piccolissime scaglie e fondetelo a bagnomaria aggiungendo 50 gr di latte intero caldo in cui avrete fatto sciogliere 50 gr di miele (PS: la ricetta originale di Valentina prevedeva il glucosio, ma non avendone in casa l'ho sostituto con il miele. In questo modo la ganache, una volta asciutta, manterà una lucentezza maggiore rispetto a quella preparata senza uno di questi due ingredienti).
Non potrete versare immediatamente la ganache nei buchi dei biscotti
perchè sarà molto liquida e dovrete aspettare che si addensi in modo da
poterla utilizzare senza che coli lungo i bordi. Si può prepararla con un certo anticipo in modo da averla pronta una
volta raffreddati i biscotti. Usare un sac-a-poche o un cucchiaino per riempire i buchi.