18 luglio 2014

Ristorante Dolomieu e la sua prima stella.



Grazie agli amici E & U, anche quest'anno siamo riusciti a mettere il naso fuori da Milano per un felice ma piovoso fine settimana. Siamo approdati in uno degli (pochi) angoli d'Italia che ti fanno sentire in un'altra nazione, tanto sono verdi i prati, pulite le strade e le aiuole curate. Ti viene un sospetto: forse la linea di confine è stata spostata e non te lo hanno detto e, per un motivo ignoto, lassù tra quelle montagne, il rispetto per il bene comune ha ancora un certo valore.
Anche quest'anno, i nostri amici ci hanno ospitato a Madonna di Campiglio (TN) che oltre ad essere una nota località sciistica, è anche l'unica località alpina ad avere ben tre ristoranti stellati. Praticamente più stelle che abitanti.
Del primo stellato che abbiamo provato un paio di anni fa (la Stube Hermitage) non ve ne ho parlato, forse perché pur trovandolo di altissimo livello, non ero particolarmente desiderosa di immortalare il momento; sarò antica, ma riesco ancora a cenare in un ristorante senza neppure fare una foto al piatto .
Ma non potevo sorvolare su quest'ultima esperienza, perché per la prima volta la cucina di un ristorante mi ha davvero rapito il cuore (e lo stomaco). Il colpo di fulmine è un po' come il 'mal d'Africa': o lo senti dentro oppure resta solo una sensazione raccontata da altri.
Se fossi tanto convincente da farvi venire voglia di partire per Madonna di Campiglio alla volta del ristorante Dolomieu, sappiate che 1) ha una apertura stagionale; 2) se volete andarci in inverno, prenotate ora 3) il ristorante è all'interno di un hotel ed è diviso in due zone: quello con un menu più tradizionale e quello dove ho cenato io. Quest'ultima con pochissimi posti disponibili.
La brigata è guidata dal 'romagnolosissimo' chef riminese Enrico Croatti, giovane ma con importanti esperienze internazionali. La stella è fresca di alcuni mesi (novembre 2013), ma per quanto mi riguarda, potrebbero già dargli la seconda.
Il menu è un susseguirsi di pesce e carne, Italia ed Estero e nella carta dei vini, ci sono anche le birre. 
Non ho alcuna preparazione per poter fare una valutazione tecnica, ma la raffinatezza dei piatti e degli abbinamenti, la qualità della materia prima e la ricercatezza formale e cromatica sono cose che riesco a cogliere anche solo come portatrice di occhi e papille.
Il successo di un ristorante non dipende solo dalla cucina, ma anche dalla gentilezza e discrezione del personale di sala, dalla precisione con cui viene spiegato il menu, da come viene servito un cibo o consigliato un vino; dalla disponibilità dello chef che ogni tanto esce dalla cucina per fare due chiacchere con gli ospiti, dal silenzio garbato della sala. E cosa c'è di più soddisfacente nel sentire i sussurri di meraviglia per ogni piatto che esce dalla cucina? Perché mangiare va oltre il gusto.
Non potevo non scrivere questo post, perché il ricordo di quei sapori, da oggi passeranno da queste immagini, che non danno pienamente merito alla bellezza dei piatti (lo smartphone ha i suoi limiti).
Ma sono certa che lo chef mi perdonerà :-)
(PS: menzione speciale ai passatelli al profumo di limone in brodo di funghi porcini. La foto non si poteva vedere).

foto di apertura: Tartare di salmone su crema di zucchine e biscuit alla nocciola



Risotto al latte di capra, caprino erborinato ai fiori di malva e polvere frutti rossi (mantecato con amido di riso)

Storione bianco affumicato a crudo, caviale, foglie selvatiche, spuma tiepida di patate all'olio extravergine del Garda


Torta barozzi con tre tipi di ciliegie

Lamponi e barbabietole, yogurt, vaniglia, meringa al miele e alghe

Panna cotta al cioccolato bianco e lime, pesche, nocciole tostate