24 dicembre 2011

Sembran brownies

Con grande soddisfazione il mio regalo per Natale è arrivato con qualche giorno di anticipo: dopo 6 lunghi, lunghissimi mesi i lavori in casa sono terminati, fortunatamente un pochino prima che terminasse la mia pazienza. Giovedì poi c'è stata l'ultima lezione di pasticceria: praline al cacao a go-go per celebrare le feste; praline che prima o poi diventeranno l'oggetto di qualche futuro post. Con tanto entusiasmo inizierò il 2012 con un nuovo corso e finalmente temperaggio, ganache e il cioccolato nelle sue infinite declinazioni non avranno più segreti (o almeno spero). Provo già una grande emozione e non vedo l'ora di ritornare a mettere le mani tra sacchi di farina e scatoloni di uova.
Devo ammettere che nei confronti del cibo provo molta curiosità. A volte mi sorpendo a cucinare più per il piacere di scoprire come avverrà la trasformazione della materia prima che sto utilizzando che per il risultato finale. Spesso mi capita di pulire il pesce o la carne come se fossi su un tavolo operatorio: curo ogni incisione come se dovessi effettuare un successivo trapianto facendo aatenzione che l'organo o l'arto in questione non subisca un danno ma solo per il gusto di capire come è fatto l'animale che andrò a mangiare. Mi soffermo ad osservare le forme, le linee e le sfumature di colore che i vegetali assumono perchè ogni caratteristica è un pò come le impronte digitali, un segno distintivo e unico per ogni prodotto; mi stupisco quando sbuccio al vivo un'arancia: quel colore brillante nascosto sotto quella pellicina opaca mi meraviglia ogni volta. Guardo la pasta che si ammorbisce con il calore dell'acqua, la panna che monta in una soffice schiuma, il formaggio che si scioglie e l'uovo che si rapprende con il calore del fuoco; il cioccolato che si scioglie e l'olio che fa mille bollicine quando frigge. Penso alle infinite combinazioni che tutti questi prodotti sono in grado di far nascere se abbinati con sapere e fantasia. Una vera magia che si rinnova ogni volta.
Da più di un anno la mia alimentazione è decisamente cambiata: pur continuando a mangiare qualunque cibo, ho scelto di ridurre drasticamente alcuni alimenti (carne rossa, salumi, dolci, cibi raffinati e industriali) a favore di legumi, cerali decorticati, verdura, frutta e qualche porzione di carne bianca, pesce e formaggio. Devo dire che questa attenzione alla qualità e alla quantità del cibo mi sta regalando concreti risultati pur senza dovermi privare di piccole gioie per il  palato che mi concedo durante il fine settimana quando ho più tempo per cucinare e apprezzare pietanze un pò più 'strutturate'. La dolcezza di questo post è la sintesi di questa scelta alimentare: un dolce buono e leggero (un pò di più di altri) che può essere regalato ad amici e conoscenti (sempre più numerosi) che per obbligo (intolleranze e allergie) o per scelta (vegetariani e vegani) hanno abbracciato uno stile alimentare diverso da quello 'tradizionale'. Quindi dopo tanti biscotti e torte con burro, latte e uova che ci hanno ingolosito sulle pagine di tanti foodblog durante queste settimane pre-natalizie perchè non preparare anche un pacchettino per coloro che hanno fatto (o dovuto fare) una scelta differente dalla nostra? Con l'augurio che tutto ciò che è diverso da noi o dalla nostra cultura e tradizione possa essere un arricchimento per la nostra anima. Tanti auguri a tutti voi.


Brownies alla pera e alla banana

250 gr farina 00
150 gr gocce di cioccolato fondente
50 gr cioccolato fondente
50 gr mandorle senza pellicina
50 gr di fruttosio
50 gr di farina di riso (oppure fecola di patate)
1 bustina di lievito per dolci biologico
1 banana matura
1 pera matura
1 cucchiaio di olio extravergine di oliva
mezzo litro di latte di mandorla

Setacciare in una ciotola le farine insieme al lievito e aggiungere il fruttosio. Nel frattempo far sciogliere il cioccolato fondente (non le gocce) a bagnomaria, sbucciare ed affettare sottilmente la pera, tritare le mandorle e schiacciare con una forchetta la banana. Versare il latte di mandorla negli ingredienti secchi (farine+lievito+fruttosio) fino ad ottenere un impasto liscio e morbido. Aggiungere la banana mescolando con cura, il cucchiaio di olio, le mandorle tritate, il cioccolato fuso, le gocce di cioccolato e la pera a fettine. Posizionare un foglio di carta da forno in una teglia con il bordo un pò alto (in modo da avere uno spessore dell'impasto di almeno 2-3 cm), ungerla con pochissimo olio e infornare a 180° in forno statico per circa 50-60 minuti controllando la cottura. Una volta raffreddata, tagliare a quadrotti.

13 dicembre 2011

Tutto il mondo è paes(e)ana

Sono ormai agli sgoccioli di un lunghissimo anno, frenetico, densissimo di impegni e contrattempi e in dirittura di arrivo con i lavori nel mio appartamento. Ci sono dei giorni in cui l'unica cosa che riesco a fare è uscire di casa all'alba, rientrare con il sole già tramontato da un pezzo e cucinare qualcosa per cena. Oltre a questo non riesco ad andare e le ricette da provare e fotografare si accumulano sul piano della cucina.
Il post di oggi, per certi versi, ha un tema attualissimo: una pagina de "Il Sole 24 Ore" e la parola 'Europa' che fanno da sfondo a una delle ricette più classiche e più povere della tradizione lombarda: la torta paesana o torta di pane. Un dolce che in passato serviva per recuperare il pane raffermo (se mai ne avanzava) bagnato con del latte, ingentilito dal cioccolato e cotto nel forno. Ai giorni nostri il dolce si è arricchito di pinoli, cacao e biscotti e si è trasformato da dolce dei poveri a vera prelibatezza.
Ma che cosa c'entra l'Europa con la torta paesana? Qualche mese fa l'amica blogger Simona di Simona's Kitchen mi invita a partecipare al suo contest "Cib'Arte". Lo scopo era quello di abbinare una ricetta ad un monumento/opera d'arte della propria città; ho trascorso settimane a pensare quale ricetta fosse adatta a Sesto San Giovanni (Milano), la città in cui sono nata e in cui abito e mentre mi trovavo in metropolitana (la mia seconda casa, il posto dove nascono la gran parte delle mie idee) mi è balzata alla mente la torta suddetta che, oltre ad essere presente da sempre nella mia vita, evoca ricordi di memorie antiche; la torta paesana nel significato più ampio di paese inteso anche come regione, nazione e continente. Una torta di umili origini da me eletta come rappresentazione dell'Europa-Paese; pane e latte, i sapori e i valori di un tempo calati in una realtà che sembra tritare tutto quello che tocca lasciando dietro di sè briciole di amara rassegnazione (che altro si può dire di fronte alla crisi mondiale che sta sconvolgendo il mondo?).
A Sesto San Giovanni tra il 1903 e il 1911 si sono insediate aziende straordinarie, come la Breda, la Falck, la Ercole Marelli, la Campari. Forse alcuni di voi conosceranno la mia città come la Stalingrado d'Italia, nome che deriva dalla presenza sul territorio di acciaierie e fabbriche ('stalin' in russo significa acciaio, quindi Città dell'acciaio), tale soprannone assume con il tempo una connotazione politica per via delle amministrazioni di sinistra e centrosinistra che governano la città da decenni. Una città di operai provenienti da tutta Italia, cresciuta velocemente ed esponenzialmente grazie al boom economico. Una città che oggi ha come caratteristica principale l'archeologia industriale: edifici in ferro, scheletri di capannoni, case di operai in mattoni rossi e grandi macchinari che servivano ad assolvere varie funzioni all'interno delle fabbriche. Sesto San Giovanni, un paese che si è trasfomato grazie o a causa delle fabbriche, da posto di villeggiatura per i signori che arrivavano da Milano, a città del lavoro, del cemento, dell'acciaio e del ferro. Città che ha perso in pochi decenni ogni segno di romanicismo che caratterizza e pervade ancora oggi un'infinità di centri storici di altre realtà italiane; una città che ha perso l'arte ma che ha guadagnato in accoglienza e generosità nei confronti di tante persone che arrivavano da lontano per lavorare a Sesto e nelle sue fabbriche. Nella mia città quindi non ci sono preziosi edifici come chiese, palazzi o monumenti da fotografare; nella mia città si fotografano i luoghi del lavoro e i sogni di tante persone che arrivavano con la valigia piena di speranza per un futuro migliore. E per non dimenticare questa operosa città, l'Amministrazione Comunale ha deciso di candidarla come patrimonio mondiale dell'Unesco.
Per onorare la memoria di 'città che produce' ho  deciso di abbinare questa 'torta-paese' di umili origini lombarde al 'paese-Europa', così tanto bisognoso di dignità, lavoro e speranza, che un tempo Sesto San Giovanni ha saputo regalare ai suoi abitanti e ai suoi lavoratori.

Qui sotto una fotografia del Carroponte manufatto utilizzato dalla Breda Siderurgica per lo spostamento dei carichi all'interno della fabbrica.
Grazie a un’illuminazione suggestiva anche nelle ore serali e alla recente realizzazione di una copertura permanente del palco, il Carroponte è diventato un’area ampia e funzionale per eventi, concerti, spettacoli e attività culturali.


Torta paesana

500 gr pane comune raffermo (oppure pane fresco comune tipo Michetta)
1 litro di latte 
250 gr biscotti secchi 
250 gr amaretti
2 uova
buccia grattuggiata di un limone
100 gr cioccolato fondente
70 gr cacao dolce
100 gr zucchero semolato
2 cucchiai di olio di oliva
70 gr di uvetta
100 gr di pinoli
rhum q.b.

Rompere il pane a pezzetti in una ciotola e versarci sopra mezzo litro di latte caldo. Mescolare e fare inzuppare il pane. Rompere grossolanamente i biscotti e gli amaretti, aggiungerli al pane e versare il latte rimanente fino a quando l'impasto non diventerà una poltiglia. La quantità del latte varierà in base alla secchezza del pane (più è secco e maggiore sarà la quantità di latte richiesto). Lasciare in ammollo per qualche ora, fino a quando il pane non sarà diventato morbido e successivamente passarlo con il passaverdura o con un mixer ad immersione. In un'altra ciotola sbattere le uova con lo zucchero e aggiungerle all'impasto. Aggiungere 80 gr di pinoli, l'uvetta precedentemente ammollata in acqua tiepida, l'olio, il cioccolato, il cacao, il rhum e la buccia grattuggiata di un limone. Mescolare bene per miscelare gli ingredienti. In una teglia stendere un foglio di carta da forno, versare l'impasto e livellare il composto (lo strato dovrà essere alto almeno 2 cm.). Spargere sulla superficie i pinoli avanzati e infornare in forno statico già caldo a 200° per circa 1 ora e mezza.



Con questo ricetta partecipo al contest Cib'Arte 
...e vince il premio speciale della giuria! Leggete QUI

4 dicembre 2011

Giù al nord

Prendo in prestito il titolo di un divertentissimo film francesce del 2007, "Giù al nord" appunto, per dare il nome a questo post. Tuttavia con questo post la Francia non c'entra nulla perchè siamo decisamente più a nord e precisamente in Norvegia. Per questa volta non ci sarà nulla da cucinare ma non volevo privarmi del piacere di parlare di una curiosità gastronomica che poco tempo fa ho assaggiato che però non potrete soddisfare a meno che non vi troviate in questo preciso istante in Norvegia o non abbiate sottomano i due ingredienti principali :-)
Ma come mi è venuto di scrivere di un piatto norvegese? 
In ufficio, durante la pausa pranzo, capita spesso di parlare di cibo. Non so dirvi come mai si scelga questo argomento, forse perchè i colleghi sanno della mia passione per la cucina o forse perchè il solito piatto o il solito panino consumato quasi quotidianamente richiede sempre un pò di fantasia per risultare più appetitoso, sta di fatto che in una di queste pause un collega mi racconta che in Norvegia si mangiano dei filetti di pesce arrotolati dentro ad un pane sempre norvegese ovviamente; me ne parla con così tanto entusiasmo che ritengo sia doveroso (prima o poi) assaggiarlo. Dopo qualche settimana il collega di cui sopra, mi porta in ufficio una confezione sottovuoto e o-r-i-g-i-n-a-l-e di Rakfisk Noraker della valle di Valdres (sembra il nome di un regno del Signore degli Anelli ma non troverete traccia di Hobbit in questo post); il suddetto pesce e la suddetta marca sono considerati come il miglior rakfisk della Norvegia, vincitore per tanti anni del Festival annuale di Fagernes dedicato alle specialità culinarie di quel Paese. Questo campione di popolarità è accompagnato da una confezione di pane Lumpe che scopro poi essere una specie di piadina di patate. Me li dà entrambi con un'unica raccomandazione: di non farmi influenzare dall'odore quando aprirò la confezione del pesce.
Ritorno a casa e ripongo rakfisk e lumpe in frigorifero in attesa del fine settimana quando avrei avuto il tempo di preparare questa 'piadina norvegese' e immortalarne il risultato. Per la precisione il rakfisk, che letteralmente significa "pesce in salamoia", è la trota sotto sale messa a fermentare per due o tre mesi.
Quindi domenica mattina decido di regalarmi questa esperienza norvegese: apro la confezione e dopo una frazione di secondo un odore particolarmente intenso colpisce come un pugno le mie narici. Confesso che se non fosse stato per l'avvertimento ricevuto, avrei probabilmente desistito nel proseguire con la preparazione. Ma continuo nel mio intento di onorare quanto mi è stato regalato e seguo pedessiquamente le istruzioni che mi sono state date: appoggio sul filetto di un bel colore rosa salmone qualche foglio di carta assorbente e ne asciugo per benino il liquido di conservazione, poi lo taglio a listarelle. Affetto finemente una cipolla bianca e spalmo con del burro il pane Lumpe. Quindi assemblo la piada adagiando listarelle di pesce e anelli di cipolla sul burro spalmato e arrotolo.
Per chi si fosse perso qualche riga elenco gli ingredienti: trota fermentata+burro+cipolla cruda+pane alle patate e tutto questo una domenica mattina dopo un paio di ore dopo la colazione (dovendo anche fotografare parto con un certo anticipo rispetto all'orario del pranzo); oltre al senso dell'olfatto che era già stato sollecitato, inizio a preparare anche il senso del gusto al destino che lo attende da lì a poco. Tuttavia la curiosità di assaggiare un piatto tradizionale norvegese prende il sopravvento sull'idea che aveva già preso forma nella mia mente: di slancio do un bel morso al Lumpe e... con grande sorpresa scopro il motivo per cui del Rakfisk se ne consumano ogni anno in Norvegia 500 tonnellate!
I sapori si equilibrano armoniosamente: il rakfisk a dispetto del suo olezzo, acquista una dolcezza inaspettata, la freschezza della cipolla cruda viene mitigata dalla morbidezza del burro e il Lumpe avvolge tutto con un sapore deciso di legno e patate. Pane, burro e trota mi conquistano fin dal primo morso!
Sull'onda dell'entusiasmo per avere vinto la sfida e per essere entrata nel club dei 'mangiatori di rakfisk' (pare che anche in Norvegia non sia proprio un cibo così facile da apprezzare), tiro fuori dal frigorifero l'ultimo pezzetto del norvegese Brunost (= formaggio bruno), mi taglio due fette di pane (italiano ai 5 cereali) e lo ricopro con questo morbide scaglie marroni.
Guardo fuori dalla finestra mentre addento un pezzo di pane e formaggio & pesce e cipolle e solo in quel momento mi rendo conto che là fuori non ci sono boschi, neve, fiordi e casette colorate.
Però... a pensarci bene... un pezzo di Norvegia ce l'ho proprio sotto i denti!