29 febbraio 2012

Bla bla bla: chiacchere di famiglia


Come al solito arrivo in ritardo sul tema festa=ricetta come era già successo per il Natale. Purtroppo il tempo libero è centellinato come un buon vino, ed inoltre la mia idiosincrasia verso le tradizioni e la preparazione di una ricetta solo per la circostanza, mi ha portato a friggere le "Chiacchere di famiglia" a tempo scaduto, praticamente quando i carri con le maschere sono già passati da almeno una settimana e i coriandoli e le stelle filanti giacciono ormai scoloriti ai bordi delle strade. A proposito di Carnevale, avete notato che mentre noi foodblogger sembriano delle paladine dell'homemade e produciamo fiumi di parole sul pane fatto in casa, sui limoni coltivati nel vaso sul balcone e sulle marmellate cotte per ore sui fornelli della nostra cucina, sempre più bambini il giorno di Carnevale sfilano indossando terribili costumi (così sintetici che sono a rischio di autocombustione) che raffigurano supereroi e principesse 'waltdisneyane', tutti così uguali e così... noiosi? Quando ero piccola, il Carnevale era un pretesto per scatenare la fantastia; un lenzuolo con i buchi diventava il costume da fantasma mentre con carta crespa, qualche metro di tulle e un pò di cartone si confezionavano abiti che con grande dignità si indossavano durante la sfilata per le vie del quartiere. E chi non ricorda un pantalone abbondante con un paio di toppe cucite qua e là, una maglietta a righe, un cappello sbrindellato, la faccia colorata e il naso rosso che ci trasformavano in buffi pagliacci senza spendere una lira ma semplicemente utilizzando quello che avevamo in casa? Consentitemi quindi una punta di nostaglia quando in questi giorni mi è capitato di vedere schiere di principesse vestite di nylon e piccoli Batman e Spiderman con maschere di plastica e pigiamini bi-color...

Ma veniamo al tema del post: le chiacchere appunto. Senza ombra di dubbio sono le più buone che abbia mai mangiato e non lo dico solo perchè arrivano dal quaderno della mia mamma. Sono sottili, croccati e leggere anche se (udite udite) fritte in olio e strutto! Sono così sottili che, una volta cotte, riempiono piatti e ciotole in grande quantità, impilate una sopra l'altra in improbabili piramidi spolverate di zucchero a velo. Quando decidiamo di prepararle, l'intera giornata è dedicata all'impasto, alla stesura della pasta e alla frittura. E per lavorare un kg di farina ci vogliono almeno 5 ore di lavoro e 4 mani che si muovo veloci.
Queste sono le nostre chiacchere, un pò lombarde e un pò emiliane; e pensate che bello se a Carnevale ogni parola, per magia, si trasformasse in questa sottile sfoglia... al mondo per un sol giorno sentiremmo all'unisono un divertente rumore "CROCK-CROCK-CROCK", il dolce suono delle 'Chiacchere di famiglia'.


Chiacchere 

Per l'impasto: 
1 kg farina 00
100 gr burro (freddo di frigorifero)
4 uova
80 gr zucchero semolato
vino bianco secco q.b.
1 bustina di lievito per dolci
1 pizzico di sale

Per friggere: 
2 lt olio di semi di arachide 
500 gr di strutto

zucchero a velo per spolverare

Rovesciare sul tavolo la farina e aggiungere lo zucchero, il sale, il lievito e mescolare bene; aggiungere le uova e il burro a pezzetti e lavorare l'impasto. Aggiungere il vino bianco poco alla volta fino ad ottenere una palla elastica e morbida. Tagliare a metà l'impasto e la parte avanzata avvolgerla nella pellicola per evitare che si asciugi. Infarinare leggermenete il tavolo, tagliare un pezzo di impasto, appiattirlo leggermente e iniziare a passarlo nella macchina tirapasta (i riferimenti della nostra macchina sono Imperia manuale e per la prima passata abbiamo usato il primo buco, quello più largo) e ripassarla più volte fino a quando la pasta non diventerà liscia. Durante questi passaggi ripiegare in tre parti la pasta su sè stessa. Spostare la rotellina della macchina Imperia sul buco a metà e ripetere l'operazione una sola volta senza però piegare la pasta. Stendere sul tavolo la sfoglia ottenuta facendo attenzione ad infarinarla leggermente e senza sovrapporla. Alla fine di questo passaggio, spostare la rotella sull'ultimo buco (quello più sottile) e rifare la stessa procedura (sarà sufficiente un solo passaggio). Tagliare le strisce ottenute in grandi quadrotti di circa 10 cm di lato e fare due piccoli taglietti diagonali all'interno del rettangolo in prossimità degli angoli e far girare l'angolo all'interno del taglio come se si volesse fare un nodo. Questa operazione dovrà essere fatta il più velocemente possibile perchè se la pasta si asciuga cuocerà ma senza gonfiarsi.
Prepararsi a friggere. La padella non dovrà essere tanto larga e avrà i bordi alti. Versare nella padella 1 litro di olio e 250 gr di strutto e lasciarli scaldare. Non appena l'olio sarà caldo al punto giusto, friggere al massimo 4-5 chiacchere per volta bucandole con una forchetta. Dopo un paio di minuti (o non appena avranno preso un leggerissimo colore) con una mestolo forato scolarle su carta assorbente e quando si saranno raffreddate, spolverarle con zucchero a velo.

12 febbraio 2012

Quando i fagioli scappano dalla zuppa

Di questo freddo proprio non se ne può più. Tuttavia è anche vero che siamo ancora in pieno inverno e l'unico stimolo che ho per alzarmi alle 6.30 di mattina, è che il cielo inizia a schiarirsi mentre sorseggio rattrappita la mia tazza di tè bianco cercando di capire (e me lo domando spesso) come sia potuto accadere che nel corso dell'evoluzione, l'essere umano abbia stravolto così tanto i propri naturali bioritmi, obbligandosi a stili di vita sempre più improbabili fatti di alzatacce, poche ore di sonno, alimenti sempre più alterati, aria e acqua ormai sature di schifezze e farmaci che ci regalano anni di vita che sempre più spesso non concidono con la qualità. Bene, fatte le dovute riflessioni, mi carico per la giornata e mi fiondo in metropolitana a coltivare sogni e pensieri positivi. Ormai il concetto è chiaro, l'ho scritto e riscritto nei post precedenti: il viaggio in metro è per me una specie di meditazione e proprio durante uno di questi trasferimenti mi è nato il desiderio di provare una delle ricette vegan che avevo infilato in borsa. Così per conciliare una serie di bisogni- voglia di qualcosa di salato, curiosità vegan e la necessità di aumentare di qualche grado la temperatura nella cucina-soggiorno dove trascorro il mio tempo quando sono a casa (ebbene lo confesso: in questi tempi di freddo e aumento delle bollette, quando finisco di usare il forno lascio spalancato lo sportello in modo da dare una botta di calore ai 2 metri quadri adiacenti ad esso) - mi sono messa ad impastare, senza neppure tanta fatica, questo mix di fagioli cannellini e farina. Il risultato è stato abbastanza curioso: una focaccia bassa ma morbida con cui ho fatto merenda senza tanto formalizzarmi sull'orario indubbiamente più adatto a dei biscotti o ad una fetta di torta. La considerazione finale che ho maturato mentre masticavo con gusto è che questi vegani hanno proprio una grande fantasia nel riuscire a re-inventare, con la metà degli ingredienti che hanno a disposizione rispetto agli 'onnivori', delle ricette 'classiche' trasformandole in piatti gustosi e che nulla hanno da invidiare a quelli a cui siamo quotidianamente abituati.
Partendo dall'assunto che la nostra alimentazione è direttamente responsabile della nostra salute (frequenti consumi di carne, latticini, salumi, zuccheri raffinati, conservanti. grassi saturi possono portare a patologie gravi), dell'inquinamento e del consumo di risorse primarie del pianeta Terra (gli allevamenti intensivi di animali necessitano di elevatissimi consumi di acqua e di terreni per la coltivazione di cereali per la loro alimentazione a discapito dell'alimentazione umana tanto per citare un esempio) mi è venuto il sano pensiero che sarebbe bello se ognuno di noi, amanti della buona cucina e delle materie prima di qualità, scegliessimo di cibarci per almeno un giorno alla settimana, con un'alimentazione sostenibile e solidale contribuendo per quel giorno ad un minore sfruttamento del pianeta e con un occhio di riguardo verso la nostra salute; perchè aveva ragione colui (o colei) che disse; "noi non abbiamo ricevuto la Terra in eredità dai nostri padri, ma l'abbiamo preso in prestito dai nostri figli". Penso che questo ai nostri posteri glielo dobbiamo. 
E se non avessimo figli, allora questa Terra potremmo lasciarla in eredità e in buono stato a qualche nipote, al figlio/a di un amico/a, al ragazzino simpatico nostro vicino di casa, a qualcuno che amiamo particolarmente o semplimente a chi verrà ad abitarla dopo di noi :-)


Focaccia di fagioli cannellini

400 gr di fagioli cannellini secchi
200 gr di farina di farro
1 bustina di lievito istantaneo
3 cucchiai di amido di mais
mezzo bicchiere di latte vegetale NON dolcificato (io ho usato il latte di soia)
mezzo bicchiere di olio extravergine di oliva
sale fino e grosso
rosmarino o erbe aromatiche a piacere

Mettere a bagno in acqua i fagioli cannellini secchi per circa 12 ore, poi lessarli a pentola a pressione (la pentola a pressione consente di risparmiare tempo e denaro sulla bolletta del gas). Una volta cotti, scolarli conservando un pò di acqua di cottura. Frullare i fagioli con un pochino di acqua di cottura (quel tanto che basta per rendere morbida la poltiglia), aggiungere un pò per volta la farina, il lievito, un pò di sale, l'olio, il latte (di soia o quello che si è scelto) e il rosmarino tritato (o le erbe aromatiche che si sono scelte). Impastare fino ad ottenere un impasto morbido ma compatto tipo pizza e stenderlo con le dita sopra ad una teglia ricoperta con carta da forno leggermente unta di olio. Spennellarla con dell'olio e cospargela con del sale grosso e degli aghi di rosmarino. Informare in forno statico già caldo a 180° per circa 30-35 minuti controllando la cottura. Servire caldissima accompagnandola con verdure grigliate e dadini di seitan conditi con olio e prezzemolo.

4 febbraio 2012

La torta di carote e quel giorno in cui mi mangiai il set fotografico

Notate qualcosa? Provate a guardare meglio...
Non vedete qualche differenza tra queste fotografie rispetto a quelle degli altri post? Un pò più di limpidezza? Colori un filino più brillanti? Luci più corrette? Beh, vi svelo il segreto:  in questi scatti sono stata supportata dalla bravissima Silvia Luppi, fotografa e blogger di Basilico e Pinoli. Qualche ora con lei e la differenza (almeno ai miei occhi) è abissale!
Dovete sapere che sono tendenzialmente una perfezionista nelle cose che faccio. Ho iniziato a seguire i blog di cucina più per le immagini che per le ricette, pertanto non mi do pace durante le ore che trascorro dietro la macchina fotografica. Litigo con sovra e sotto esposizioni, dominanti di colore, troppe o poche ombre, blu-gialli-rossi-verdi che non tornano mai, immagini offuscate da un velo grigio e dettagli non a fuoco. Quando decido di lavorare ad un nuovo post, la mattina all'alba sono in cucina a preparare il piatto, mentre le ore successive le trascorro a provare, ri-provare, illuminare, spostare, pulire, impiattare scattare e ri-scattare almeno 100 fotografie per riuscire ad utilizzarne una decina. Il campo di ripresa diventa sempre più stretto: non ci entra quasi più nulla in quella maledetta inquadratura e più mi allontano e più essa, facendomi quasi in dispetto, si restringe come un maglione lavato ad alte temperature. E poi JPEG, RAW, TIFF, diaframma, tempi, esposizione, bilanciamento del bianco, luce naturale, fredda, calda...non ne posso più. Guardo altri foodblog cercando di capire (diciamo intuire) come quelle fotografie possano avere colori così brillanti e luci così morbide; come la materialità del piatto fotografato possa portarmi a desiderare di dare se non un morso, almeno una leccatina al monitor del PC.
Ma questa volta mi sono tolta una grande soddisfazione: pochi scatti (diciamo non più di 40) per ottenere due immagini che forse iniziano ad avvicinarsi alla mia idea di food photography. Ero talmente felice alla fine della giornata che, per festeggiare, il set è finito direttamente nel mio stomaco (ed esclusione del tagliere, del cucchiaino e dello strofinaccio sullo sfondo).

Due parole su questo dolce definito anni fa come 'la torta di carote più buona di quella di Madonna di Campiglio' (io questa torta non l'ho mai mangiata ma mi dicono sia davvero eccezionale...quella di Campiglio si intende!). Beh, vi invito a provarla prima di tutto perchè è davvero una torta da colazione, merenda e cena; secondo perchè è un dolce un filino dietetico perchè privo di grassi e come ultima ragione perchè con delle foto così non si può non avere voglia di assaggiarne almeno una fettina. Evviva la mia modestia ed evviva la torta di carote!

PS: invito tutti coloro che volessero esprimere commenti, insulti, suggerimenti e quant'altro vi venga in mente su queste immagini a scrivermi con la massima libertà. Sono perfezionista ma non permalosa :-)


Torta di carote e mandorle

280 gr di carote
100 gr di mandorle sbucciate
100 gr di mandorle con buccia
150 gr di zucchero
100 gr di amaretti
60 gr di farina 00
5 uova
mezzo cucchiaino di cannella
1 bustina di lievito
1 pizzico di sale
zucchero a velo

Lavorare i tuorli con lo zucchero fino ad ottenere una crema soffice. Unire le carote e le mandorle tritate (mi raccomando, le carote dovranno essere a piccoli pezzettini per evitare di sentirle troppo sotto i denti quando la torta sarà cotta), gli amaretti sbriciolati, la cannella, la farina mescolata con il lievito e il sale. Montare a neve ferma gli albumi. Imburrare una teglia di circa 24 cm e cospargerla con dello zucchero semolato (o in alternativa usare la carta forno); cuocere in forno statico preriscaldato a 180° per circa 35-40 minuti controllando con lo stuzzicadente la cottura della torta. Una volta che la torta si sarà raffreddata, cospargela di zucchero a velo.