Oggi parliamo della pizza: il simbolo dell'Italia nel mondo, più del Colosseo e della Ferrari. Imitata, reinventata e adattata ai gusti delle popolazioni locali (ricordo ancora una pizza mangiata anni fa in Marocco condita con del concentrato di pomodoro... una vera variazione sul tema!), una ricetta così semplice da essere alla portata di tutti. E così mentre scrivevo questo post mi sono chiesta: "ma a che serve un post sulla pizza"? Tutti in Italia sanno preparare una pizza e io non ho proprio nulla da insegnare a riguardo. Diciamo quindi che si tratta di un 'post-spot', un bisogno di condivisione che mi è sorto spontaneo a proposito di uno dei piatti preferiti da noi italiani.
Premetto che non sono una sostenitrice del 'self-made' ad ogni costo; non ho mai avuto una palla di pasta madre nel frigorifero, non avrei tempo di allevarla come se fosse una specie di cucciolo visto che per lavoro trascorro fuori casa 12 ore al giorno mentre la pasta madre richiede dedizione, 'rinfrescate' e soprattutto un utilizzo costante della stessa se non si vuole avere un morto sulla coscienza (o la casa invasa da una sostanza appiccicosa che ti corre incontro quando rientri stanca morta dall'ufficio). Così quando ho voglia di mangiarmi una pizza ho solo tre possibilità: andare in pizzeria, chiamare per farmela portare a casa oppure prepararmela da sola. Spesso mi capita di optare per la terza opzione, per il piacere della preparazione ma anche per un risparmio economico (che di questi tempi non guasta). Quindi negli anni ho sperimentato le varie offerte disponibili sul mercato: la pizza congelata da infornare, la pasta fresca lievitata già pronta, la pasta stesa che si trova nel reparto del fresco, la pizza del giorno già preparata dal fornaio e solo da riscaldare... ma non so perchè, tra tutte queste scelte trovo di gran lunga la più buona di tutte la pizza che sta nella scatola! Sì sì, proprio quel kit pronto per le urgenze quasi come fosse la cassetta del pronto soccorso. Basta prendere una scodella, versarci dentro il contenuto del kit, impastare, stendere, aggiungere della mozzarella e attendere 15 minuti che cuocia. Una pizza così leggera e ben lievitata non l'ho ancora trovata. Sarà forse perchè quando la preparo sono sempre affamata? :-)
... e adesso fatemi sapere quale è il vostro "Pizza-Style"!
Pizza box: Istruzioni per il 'montaggio'
- Accendere il forno a 230°/250°
- Posizionare un foglio di carta da forno su una teglia e ungerlo con un pochino di olio;
- In una terrina unire alla miscela per pizza dell'acqua fredda e un cucchiaio di olio e mescolare con una forchetta;
- Impastare con le mani fino a rendere omogeneo l'impasto;
- Stendere l'impasto sulla teglia, aggiungere il pomodori pelati (in dotazione), salare e cospargere con mozzarella, un pò di olio e dell'origano (si può guarnire a piacere ma io sono una sostenitrice della pizza Margherita);
- Infornare e cuocere per circa 15-20 minuti a con forno statico posizionando la teglia nel ripiano più basso del forno;
- Togliere dal forno e servire.
PS: Maggiori dettagli sulla scatola della pizza.
PPS: Non percepisco un euro da questo post, uso la Pizza Catarì perchè tra quelle in scatola è quella che mi piace di più :-)
ciao Roby, io preferisco farla, ma devo dire che ogni tanto per praticità anche quella in scatola va bene!
RispondiEliminaalora, son mica Bigazzi io! piuttosto simile a Benedetta Parodi (eccetto che per il fatto che lei è un filino + bella...un filino eh!)
ciao
ila
Ciao ! Condivido con te il dramma delle 12 ore fuori casa e la loro incompatibilità con una cucina da "full time equivalent". La pizza in scatola è così vintage... mi ricorda l'infanzia. Mi hai fatto venire voglia di compraarla per vedere se ha ancora l'imbuto dosatore in carta !
RispondiElimina@Ila: ma allora non sono l'unica sul pianeta a non avere una palla-madre in frigorifero?! Tra Bigazzi e la Parodi è una bella sfida, almeno la Parodi cucina mentre Bigazzi l'ho sempre visto sempre e solo mangiare...
RispondiElimina@Latte e fiele: Vintage?! Sì, proprio così, io la preparavo con mia nonna (già emancipata) quando avevo 7-8 anni. La confezione e il contenuto sono rimasti immutati, compreso l'imbuto di carta :-)
Oh mammina, ma la ricordi l'odiosa pubblicità delle Catarì????
RispondiEliminaLa monococco (e la pizza fatta con una percentuale è buonizzzzima) la trovi anche in alcuni super, reparto bio. O, meglio, io vado di enkir del mulino marino.
Un bacio, facciamo 2 baci
@Reb: "Pizzettine Catarì? Calmano la fame, stuzzicano l'appetito..." come dimenticarsela?! Grazie per la dritta per la monococco e l'enkir proprio non lo avevo mai sentito (ma sul sito di Mulino Marino è spiegato con precisione).
RispondiEliminaPer un periodo credevo che ce l'avrei fatta con la pm, invece no, adesso ce l'ho sulla coscienza:-)))) E hai ragione per chi è sempre fuori casa è quasi impossibile riuscire a fare la pizza in casa, così come molti altri lievitati! Ma fortuna che c'è la domica! Un abbraccio e bel post
RispondiElimina@Marifra79: come darti torto?! Purtroppo la domenica tra scatti e fornelli non mi rimane troppo tempo per il lievitato. Ma mi riprometto che prima o poi un'esperienza limite con la pm la farò sicuramente! :-)))
RispondiEliminaah ah ah! certo non è proprio quella che faccio io, ma belle foto e simpatica presentazione :-)
RispondiEliminacosì conviceresti pure me a mangiarne un pezzetto;-)
Mi piace molto la grafica del tuo blog!!
ciao e a presto
antonella alias pappareale
@Pappareale-Antonella: detto da te che hai un blog con tanto di pasta madre in home page, non può che essere un complimento! :-) Prometto che (prima o poi) mi cimenterò con qualcosa di più 'impegnativo' della Catarì. Nel frattempo seguirò il tuo blog, chissà mai che per osmosi non impari i trucchi del mestiere :-)
RispondiEliminaIo adoro questo tipo di post…E' una vita che non la faccio più la pizza in scatola!!!! Ma come mi piaceva, era un must ai tempi dell'università! Che ricordi… Stupende le foto!
RispondiElimina@Marina: credimi, la pizza è rimasta identica a quella che mangiavi ai tempi dell'università; immutata nel tempo ci ricorda di quando non sapevamo distinguere la farina "0" dallo zucchero a velo :-) Però scopro con piacere che è stata un punto di riferimento per molti di noi...
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