9 novembre 2015

R come risotto


Ricordo che quando ero piccola non mangiavo un sacco di cose per le ragioni più disparate: gli asparagi erano mollicci, il panettone aveva uvetta e canditi, la pasta, se il sugo non era fatto con la passata di pomodoro, il risotto con i funghi perché aveva i funghi,  il minestrone perché aveva i pezzetti di verdura e la spremuta di arancia perché i filini della polpa mi provocavano un principio di rigurgito. Ma sono migliorata e se ancora oggi scarto i canditi del panettone e filtro il succo dell'arancia spremuta, ho imparato (a denti stretti) a mangiare il minestrone ma gli asparagi e il risotto sono diventati i miei piatti preferiti. 
Non ho figli ma nel corso delle ricerche che ho fatto per l'impiattamento, ho deciso di aprire una parentesi per cercare di capire per quale ragione molti bambini, arrivati ad una certa età, smettono di mangiare alcuni cibi che fino a qualche giorno prima avevano mangiato senza problemi. Ho letto che il gusto e le scelte alimentari, sono indotte da vari fattori: il patrimonio genetico, le esperienze alimentari della madre durante la gravidanza, la percezione di sapori generati dall’alimentazione materna durante l’allattamento e l'esperienza gustativa degli alimenti offerti durante lo svezzamento. Tuttavia può accadere che pur facendo tutto secondo i crismi, un bambino inizi a fare i capricci al momento di sedersi a tavola rifiutandosi di mangiare quello che gli viene messo nel piatto.  In molti casi si tratta della neofobia ossia di un atteggiamento alimentare che colpisce circa il 30% dei bambini a partire dai due anni di vita, ossia nel momento in cui il bambino inizia ad esplorare e muoversi da solo sfuggendo al controllo della madre. La neofobia cresce durante l'infanzia e decresce gradualmente con l'avvicinarsi dell'età adulta e non è altro che un conflitto atavico che si esprime, da un lato, con l’esigenza di sperimentare nuovi cibi per soddisfare le necessità biologiche, dall’altro con la necessità di salvaguardarsi dal rischio di avvelenamenti insito nella sperimentazione alimentare.

Può venire in soccorso a molti genitori, sapere che un numero sempre maggiore di studi dimostrano come il fattore più importante nell'ampliamento dei gusti alimentari del bambino e i cambiamenti di gusto durevoli sono quelli indotti dalla suggestione sociale dei suoi simili. I bambini accettano più volentieri alimenti nuovi se li vedono consumare da altri bambini. Quindi attrezzatevi con un bel gruppo di amichetti durante l'ora dei pasti :-)
La curiosità di misurarmi con la realtà più vicina a me, mi ha portato a preparare un questionario che ho sottoposto ad amici con figli piccoli (dai 2 ai 12 anni). Effettivamente c'è evidenza del fatto che molti cibi respinti dai bambini hanno caratteristiche simili (nella forma e nel gusto) e le motivazioni di rifiuto espresse possono essere ricondotte, in molti casi, a situazioni in cui, per esempio, il bambino vede nel piatto la presenza di 'corpi estranei', che nel mio caso erano le cipolle nel risotto ma potrebbero essere l'origano sulla pizza o lo 'sporco' (=uvetta) in un dolce.
I bambini sono dei grandi 'mangiatori con gli occhi' e molte mamme lo sanno e a volte per ingannarli, nascondono la verdura nelle polpette Se parliamo di forme e di colori, parliamo anche di consistenze: presentate cibi mollicci ai bambini e con tutta probabilità verranno lasciati nel piatto. 
In conclusione, se avete bambini svogliati a tavola, provate a farvi aiutare in cucina e fateli divertire preparando i piatti con nuove forme e colori. Io ho aggiunto anche una filastrocca :-)

R come risotto
Un risotto marrone carico di verdure 
non sa più come fare 
per farsi mangiare.
Sentendosi solo nel viaggio 
chiede aiuto alla F di formaggio,
ma da solo non può far tutto 
e invita la P dell'amico prosciutto.
Ma per arrivar diritti alla mèta,
ci vogliono almeno un paio di Zeta
così in meno di un secondo
saltano a bordo in sordina
Z di zucca e di zucchina.
E chi guida questa allegra comitiva 
se non un bravo pilota?
Si unisce al gruppo la C di carota.
Adesso il risotto è più allegro 
con i nuovi amici
e marciano tutti insieme e felici.



R come Risotto
per 4 persone
(se volete altre idee per i risotti Biolover, visitate i blog di Marianna, Nicol, Laura e Juls)

1 confezione di Risotto alle verdure Riso Scotti Biolover
1 fetta di prosciutto cotto di circa mezzo cm di spessore
1 zucchina
1 carota
1 fetta di zucca
1 fetta di formaggio tipo Fontal di circa mezzo cm di spessore
olio extravergine di oliva

Preparate il risotto come indicato sulla confezione (circa 16 minuti). Nel frattempo lavate e pulite le verdure, tagliate delle rondelle di carota, una fetta di zucchina per il lato lungo e una fetta di zucca. Fate bollire per un paio di minuti le rondelle di carota e la zucca, questo vi consentirà di tagliare la forma che desiderate con dei tagliabiscotti. Ricavate delle lettere anche dal formaggio, dal prosciutto e dalla zucchina.
Fate insaporire per un paio di minuti le verdure in una padella con un cucchiaio di olio, non esagerate con la cottura e lasciatele croccanti.
Infilate le lettere negli stuzzicadenti e posizionatele sopra al risotto. Se volete potete preparare una frittata (U come uova) oppure dei peperoni e comporre delle parole.

12 ottobre 2015

Zucca Acca


Tutti quelli che mi conoscono sanno della mia idiosincrasia per le festività. Se c'è un periodo dell'anno in cui mi si ammoscia l'entusiasmo, è proprio tra l'inizio di dicembre e il 7  gennaio e quando inizio a sentire aria di Natale, vorrei andare a vivere in Cina, ma ho scoperto che il Natale è arrivato anche lì! SGRUNT!
L'unica festa che mi suscita un po' di simpatia è Halloween. Ho scritto simpatia, non che conto le ore mentre attendo il suo arrivo. :-) Simpatia che nasce per quel tentativo di esorcizzare la morte travestendosi.
Tra i più giovani, Halloween sostituisce la festa di Ognissanti e quella dei defunti. Anche se sono stata colpita da un grave lutto pochi anni fa, di quel giorno conservo solo i bei ricordi legati all'infanzia, quando con la mia mamma, la nostra vicina di casa e le sue figlie ci incamminavamo, dopo pranzo, alla volta del cimitero. Tutto il pomeriggio era dedicato a correre da una lapide ad un loculo per portare un saluto a parenti e conoscenti. Ricordo che mi fermavo davanti alle tombe di famiglia di perfetti sconosciuti per ammirarne i preziosi marmi e fissavo con curiosità la foto dei 'vicini' di mio nonno cercando di cogliere sfumature di esistenze nei pochi dettagli che si intravedevano sullo sfondo; le mani, sprofondate nelle tasche del cappotto, giocavano di nascosto con i frutti dei cipressi che portavo a casa come se fossero dei piccoli trofei di quella giornata autunnale.
Ma la vera festa era all'uscita del cimitero, quando inevitabilmente si passava tra due file di bancarelle dalle quali facevano capolino enormi pezzi di croccante, caramelle, frutta secca, bastoncini di zucchero e altre ghiottonerie. Inutile dirlo che non si tornava a casa a mani vuote da quel giorno dei morti.
ZuccaAcca è un pensiero nostalgico rivolto a quei giorni di bambina spensierata :-)



Risotto alla zucca 
Per 4 persone

1 confezione di Risotto alla zucca Riso Scotti Biolover
300 gr zucca tipo mantovana
50 gr di caprino fresco
4 fette di prosciutto crudo
olio extravergine di oliva
pepe nero e sale

Disponete su una teglia coperta con carta forno, le fette di prosciutto crudo. Infornate nel forno già caldo a 120 °C per circa 10 minuti o fino a quando non saranno diventate croccanti. Togliete dal forno e lasciate raffreddare.
Mondate la zucca e tagliatela a cubetti. In una padella scaldate un cucchiaio di olio e rosolate la zucca, salate e fate cuocere lentamente per circa 10 minuti. Potete aggiungere un paio di cucchiai di acqua se la zucca dovesse asciugarsi troppo in cottura.
In una ciotola schiacciate con una forchetta il caprino e aggiungete una macinata di pepe.
Preparate il risotto come indicato sulla confezione (circa 16 minuti). Una volta cotto, porzionatelo, aggiungete dei dadini di zucca, una quenelle di caprino e una fetta di prosciutto crudo. 
Servite caldo.

(**) Volete altri consigli su Biolover? Li trovate da Marianna, Nicol, Laura e Juls :-)

7 settembre 2015

Biolover


Cinque mesi senza pubblicare un post e i motivi potrebbero essere diversi: 1) ho vinto un giro attorno al mondo e sono appena tornata; 2) mi hanno chiuso il contatore del gas e della corrente e non ho potuto cucinare; 3) ho assunto un cuoco; 4) sono stata un tantino incasinata. 
L'opzione più plausibile è la 4 ma mi piacerebbe fosse la 1.
Non che non ci tenga a questo spazio, ma devo ammettere di aver avuto un 'calo del desiderio' che pare colpisca in modo ciclico e ricorrente molti blogger; aggiungete il 'blocco della pagina bianca' (scrittori, perdonatemi!), le ore mai sufficienti  ed ecco spiegata la mia lunga assenza. Nel frattempo però non ho smesso di occuparmi di cibo.

Il risveglio del blog è dovuto ad un nuovo progetto con Riso Scotti, azienda con la quale collaboro da qualche anno, che ha deciso di misurarsi con il mondo bio, proponendo la nuova linea biologica BIOLOVERSi tratta di alcune tipologie di riso coltivate in modo biologico, in circa 4000 ettari di terreni di loro proprietà. Oltre ad un'ampia presenza di risi italiani (la quasi totalità), l'offerta è completata da una linea di Risotti Riso Scotti Biolover, ovvero il riso abbinato ad alcuni ingredienti anch'essi biologici e selezionati. 
Il riso che troviamo nella confezione è di tipo semi integrale e necessità di circa 18 minuti per essere preparato, proprio come un normale risotto. La presenza della crusca non consente di ottenere l'onda del tradizionale risotto, ma la consistenza compatta e il sapore del riso integrale appagano il palato.
Il primo risotto che ho provato è quello ai carciofi e semi di girasole e visto che la stagione calda è quasi agli sgoccioli, ho provato a prolungare l'estate aggiungendo della scorza di lime, qualche fogliolina di menta e della polvere di liquirizia che andranno dosati in base al gusto personale e aggiunti a fine cottura prima di servire.
I risotti sono in totale quattro, in diverse combinazioni e molto comodi da mettere in valigia, ma questa ve la racconto nel prossimo post! :-)
Se ne volete sapere di più, seguitemi nei prossimi mesi; troverete presto altre informazioni su Biolover nei blog di Laura, Nicol, Marianna, Juls.



7 aprile 2015

Gelatine


E' inutile girarci intorno: se si vuole diventare bravi e autorevoli, in qualunque settore, è necessario studiare, studiare e ancora studiare. Nel mondo del food blogging valgono le stesse regole: non si può galleggiare continuando a fare solo quello che già si conosce, magari in maniera superficiale, trovo che sia un atteggiamento irriguardoso nei confronti di chi ha deciso di leggerci. Se è vero che non siamo cuochi, fotografi e scrittori, è pur vero che pubblicare in rete comporta una certa dose di responsabilità e di etica che a volte scompare per rincorrere l'illusione della visibilità, le cui scorciatoie sono lastricate dall'approssimazione.
Mi capita di leggere post con ricette imprecise, le cui dosi vengono date come se fossero delle opinioni e la scelta degli ingredienti affidata al caso; post dove il soggetto principale (il cibo) viene letteralmente sommerso da oggetti, tessuti e sfondi, e maltrattato dal punto di vista cromatico e compositivo.  Se dichiariamo che la nostra ragione di vita è la pasticceria, anziché indicare nella ricetta il numero delle uova, specifichiamone il peso: dovremmo sapere che la pasticceria è un'arte che si fonda sui grammi e non sulla 'spannometria'; se omettiamo di precisare la dimensione della tortiera o la modalità del forno da usare, forse sarebbe opportuno fare un passo indietro e ripartire con un po' di coraggio e di umiltà dalle basi. Ricordiamoci che le persone proveranno le nostre ricette le dovranno realizzare seguendo le nostre indicazioni. Curiamo il nostro spazio partendo proprio dai contenuti e apriamoci al confronto costruttivo con chi ne sa più di noi.
Penso che il nostro compito, indipendentemente dall'essere professionisti o dilettanti, sia quello di trasferire competenza. Nel momento in cui abbiamo deciso di condividere i nostri pensieri (e le nostre ricette) con il resto del mondo, almeno facciamolo nel rispetto di coloro che usano il loro (prezioso) tempo per visitare il nostro spazio virtuale.
La mia curiosità (leggi anche ignoranza) mi stimola a fare due passi indietro ogni volta che cerco di farne uno in avanti perché chi sa cantare senza conoscere la musica, resterà sempre un esecutore senza la possibilità di comporre la propria melodia. 
La cucina (seria) è difficile: ci sono milioni di varianti da considerare. Non solo la conoscenza delle tecniche (in continua evoluzione) ma la comprensione stessa della materia prima, vivente, è qualcosa che muta in continuazione a seconda del territorio e delle persone che la coltivano e la lavorano. Quando si prende coscienza di tutto questo, allora l'atto del cucinare non diventa più un gesto meccanico o di svago ma un momento di studio. Non ci si può distrarre quando si cucina a meno che non lo si scelga coscientemente.
Ho trascorso più di mezza giornata per capire come ottenere una gelatina della consistenza di cui necessitavo. In rete le proporzioni che ho trovato sono infinite ed è quasi impossibile risalire ai principi.
Il post di Dario Bressanini è stato il punto di partenza, ma per ottenere una semplice gelatina è necessario fare i conti con molte variabili come le sostanze da gelificare, il tipo di gelatina che si vuole utilizzare, il grado di trasparenza che si vuole raggiungere, i tempi e i modi di gelificazione, come togliere la gelatina dagli stampi, i tempi di conservazione e il rischio di sineresi. 
Così ho ricominciato da uno dei processi che stanno alla base di molte preparazioni. Ho scelto una gelatina piuttosto solida, più da coltello che da cucchiaio. Per i dolci preferisco utilizzare la colla di pesce, oltre ad essere insapore (al mio palato) garantisce maggiore trasparenza rispetto all'agar agar che uso in altri ambiti (qui un altro articolo interessante di Bressanini). Ma le gelatine non si esauriscono con le due appena citate e proseguirò nella ricerca.
Le dosi consigliate sono di circa 24 gr di colla di pesce per 1 lt di liquido per ottenere una gelatina al cucchiaio e 32-36 gr di colla di pesce per 1 lt di liquido per una gelatina da tagliare con il coltello. Dipende poi dal liquido da gelificare perché gli acidi e gli eccessi di alcool inibiscono la trasformazione.
Come raffreddare la gelatina una volta preparata?
Il raffreddamento lento, prima a temperatura ambiente e poi in frigorifero permette al collagene di creare un legame più stabile con reticoli più fitti; se decidiamo di metterla subito in frigorifero avremo una gelatina meno resistente. Attenzione: ho sperimentato che la gelatina non si può congelare: il collagene muta il suo assetto e si rompe in tante piccolissime particelle.
Se avete consigli da darmi sull'argomento o se desiderate condividere la vostra esperienza, sarò felice di leggervi. 



Gelatina al Karkadé
200 g acqua
1 bustina di karkadè
80 g zucchero
6 g gelatina (colla di pesce in fogli, qualità oro)

Mettere a bagno la gelatina in acqua fredda per circa 10 minuti.
Preparare l'infuso di karkadè: portate ad ebollizione l'acqua, allontanare dal fuoco e mettere in infusione la bustina karkadè per 5 minuti.
Riportare sul fuoco, versare lo zucchero e farlo sciogliere. Spegnere prima di arrivare a bollore. Attendere che la temperatura scenda a circa 60 °C, quindi aggiungere la gelatina ben strizzata e mescolare fino allo scioglimento. Versare il liquido nello stampo, farlo raffreddare, metterlo in frigorifero e attendere almeno 5 ore che la gelatina si rapprenda.


Gelatina al mango
200 g di purea di mango (circa un mango maturo)
70 g di zucchero
100 gr di acqua
9 g gelatina (colla di pesce in fogli, qualità oro)

Mettere a bagno in acqua fredda la gelatina per circa 10 minuti. Sbucciate il mango, tagliarlo a pezzi frullarlo con il frullatore ad immersione. Passare al setaccio la polpa. Mettete sul fuoco un pentolino con l'acqua, versare lo zucchero e farlo sciogliere. Spegnere e attendere che la temperatura scenda a circa 60 °C; aggiungere la gelatina strizzata e mescolare fino allo scioglimento. Mescolare e versare il liquido nella polpa di mango. Versare il liquido nello stampo, farlo raffreddare, metterlo in frigorifero e attendere almeno 5 ore che la gelatina si rapprenda.


Gelatina di latte di soia e riso
200 gr latte di soia e riso Riso Scotti

6 gr di gelatina (colla di pesce in fogli, qualità oro)
70 gr di zucchero

i semi di mezzo bacello di vaniglia

Mettere a bagno la gelatina con acqua fredda per circa 10 minuti. Scaldare il latte sul fuoco, e portarlo quasi a bollore. Versare lo zucchero, i semi di vaniglia e mescolare fino a quando lo zucchero non si sarà sciolto. Aggiungere la gelatina strizzata e mescolare fino allo scioglimento. Versare il liquido nello stampo, farlo raffreddare, metterlo in frigorifero e attendere almeno 5 ore che la gelatina si rapprenda.

16 marzo 2015

Triplo cioccolato


Questo semifreddo lo dedico a Lei, che ha deciso di stare al mio fianco un giorno di 15 anni fa. Con Lei trascorro intere giornate in una stanza buia, abbracciate su un letto ad occhi chiusi e in silenzio. Quando sono in sua compagnia ho tempo per pensare al tempo che fugge e all'immobilità forzata a tempo indeterminato. 
Lei ama le sorprese. Arriva in modo inopportuno quando pianifico un viaggio, una cena tra amici, un appuntamento di lavoro; arriva in punta di piedi e mi convince ad abbandonare i progetti per dedicarle qualche ora o, se è più convincente, anche un intero giorno, perché le manco quando non sta insieme a me per più di due settimane. 
Le vivo accanto da quando sono nata anche se le sono sempre stata indifferente. Poi un giorno si è accorta di me e come un demone che lascia un corpo per entrare in un altro, ha deciso che io ero diventata la sua preferita. Non sono la sola che stringe tra le sue braccia: quando non è in mia compagnia fa visita ad altri prescelti. 
Lei ha un nome: Emicrania.
Una patologia cronica che colpisce moltissime persone (soprattutto donne) e che costringe ad una vita a singhiozzo in balia delle sue improvvisate. Ore e ore ad attendere che ti lasci da quell'abbraccio asfissiante, per farti sentire fortunata quando ti capita di trascorrere alcuni giorni senza la sua compagnia.
Lei è sempre lì, in agguato, si nasconde dietro ad un'emozione, un bicchiere di vino, un'ora di sonno rubata, una corsa in un prato, un calda giornata d'estate, in un brutto sogno e anche nel cioccolatoSi dice che gli emicranici dovrebbero evitare il cioccolato come i vampiri l'aglio....
Ma non si può vivere la vita in punta di piedi, così prevale la voglia di fargliela sotto al naso e di cucinare di nascosto da Lei, sperando che non noti i tuoi movimenti. 
Ho preparato questo Semifreddo al Triplo Cioccolato, che si è rivelato uno dei dolci più bilanciati che io abbia mai assaggiato. Non troppo dolce, non troppo amaro, non troppo morbido ma nemmeno troppo compatto. Le consistenze sono perfette così come il cioccolato che è in assoluto l'unico vero protagonista. Scegliete materie prime di grande qualità e preparatelo con un giorno di anticipo, ne guadagnerà il sapore. 
E alle persone che tutti i giorni sono costrette a scegliere quello che mangiano per motivi di salute, va la mia comprensione e il mio incitamento a cucinare con dedizione e passione per trasformare un limite in  un nuovo piatto. :-)

Semifreddo Triplo Cioccolato

Per la base
200 gr burro
200 gr cioccolato fondente al 70%
5 uova
65 gr zucchero di canna
1 bacca di vaniglia

Per il primo strato
200 gr cioccolato fondente al 70%
200 gr panna fresca da montare
150 gr mascarpone
2 cucchiai cacao amaro
5 cucchiai acqua calda
1 cucchiaio zucchero semolato

Per il secondo strato
180 gr cioccolato bianco
200 gr panna fresca da montare
150 gr mascarpone
12 gr colla di pesce

La base
Preriscaldare il forno in modalità statica a 160 °C. Rivestire una teglia a cerniera (22 cm di diametro e altezza minima 7 cm) con carta da forno (la base con un cerchio tagliato in misura e i bordi con una striscia di carta forno leggermente più alta rispetto alla misura della teglia).
Frantumare il cioccolato in piccoli pezzi e scioglierlo a bagnomaria insieme al burro. Lasciare intiepidire il composto e aggiungere i semi di vaniglia e il tuorlo delle uova. Mescolare accuratamente.
Montare gli albumi a neve a velocità media e una volta che iniziano a montare, aggiungere lo zucchero un cucchiaio alla volta fino ad ottenere una montata a neve ferma. Incorporare il cioccolato alla meringa mescolando delicatamente. 
Versare il composto nella teglia e livellare con una spatola. Cuocere per circa 22 minuti, controllando spesso, fino ad ottenere i bordi solidi e il centro rassodato ma ancora morbido. Tirare fuori la teglia dal forno e fare raffreddare completamente senza togliere la base dallo stampo.

Il primo strato
Mescolare il cacao con l'acqua fino ad ottenere una poltiglia e tenerlo da parte.
Frantumare il cioccolato in piccoli pezzi, farlo sciogliere a bagnomaria e lasciarlo raffreddare leggermente. 
Montare la panna con il mascarpone a velocità media fino ad ottenere una montatura morbida ma ferma. Mescolare il cacao al cioccolato sciolto e incorporare un po' alla volta la panna.
Versate il composto sulla base dentro alla tortiera, sbattere lo stampo un paio di volte per eliminare eventuali bolle d'aria e per pareggiare il composto.
Pulire gli eventuali residui di cioccolato sulla parte interna della tortiera e mettere il composto in frigorifero per un'ora.

Il secondo strato
Ammorbidire la gelatina in acqua a temperatura ambiente per almeno 8-10 minuti.
Scaldare una piccola parte della panna senza farla bollire e aggiungere la gelatina ben strizzata continuando a mescolare fino a quando non si sarà sciolta completamente.
Versare la panna con gelatina sul cioccolato bianco che sarà stato frantumato in piccoli pezzi e mescolare fino al completo scioglimento. Lasciare raffreddare la crema ottenuta a temperatura ambiente, mescolando ogni tanto.
Montare il mascarpone con la panna avanzata fino ad ottenere una montatura morbida am ferma. Incorporare delicatamente la crema di cioccolato bianco raffreddata.
Versare il composto sopra gli altri due strati nella tortiera, pareggiare la superficie e lasciare in frigorifero almeno 3 ore.

Servire decorando il semifreddo con dei riccioli di cioccolato fondente. 
Bagnare il coltello con acqua calda prima di ogni taglio.

7 gennaio 2015

Cassoeula 2.0


Buon anno e bentornati. C'è ancora qualcuno che passa dalle mie parti? Ormai le pubblicazioni sul blog sono diventate bimestrali, quindi prendetevela con calma e ci risentiamo in primavera.
Non mi dilungo sui bilanci del 2014 e i buoni propositi per il 2015, diciamo che mi sarei aspettata qualcosa in più dall'anno appena concluso, ma ho lavorato sodo e posso essere soddisfatta di me stessa. I nuovi propositi sono praticamente immutati: studiare, evolvere e cercare di vivere facendo quello che mi piace. Propositi per nulla ambiziosi.
Ultimamente ho preso coscienza del fatto che so poco (anche) di cucina. Mi riferisco agli aspetti tecnici e teorici, alla conoscenza delle materie prime, all'uso degli strumenti e alle tradizioni. Gioca a mio sfavore anche una scarsa memoria che non mi aiuta a ricordare una buona parte delle le cose che leggo. :-(
Insomma, cucino da anni con grande impegno e mi ritrovo ancora sulla linea di partenza.
Potrei anche accontentarmi: la famiglia mangia, gli amici sono contenti, ho anche le mie soddisfazioni ma la curiosità e la voglia di capire, mi impedisce di mettere in pentola gli ingredienti senza sapere cosa accadrà in seguito. Diciamo che non sopporto 'andare per tentativi'...
E allora si (ri)parte dalle basi. 
Ho appena concluso un bel corso sui coltelli e sui tagli; ho fatto una full immersion su pentole, padelle, tegami e ho letto un po' di pagine sulla terminologia culinaria. E' stato facile: ho spento il PC e ho sfogliato un po' di libri che restano tra le migliori fonti per informarsi. La rete è un luogo comodo dove cercare informazioni ma spesso si rivela superficiale e imprecisa; Google privilegia più le abilità dei SEO che l'accuratezza e la correttezza delle informazioni.
Ma veniamo alla proposta di oggi, che prende spunto dalla tradizione della cucina lombarda: la cassoeulaMia nonna si farà due risate se mai da lassù dovesse dare una sbirciatina a quello che ho fatto. Lei era la signora della trippa, del risotto alla milanese, del pollo arrosto e, appunto, della cassoeula.
Qualche cenno storico estratto da Wikipedia:
"[...]La cassoeula è un piatto invernale tipico della tradizione popolare e della cucina milanese e lombarda. Gli ingredienti principali della cassoeula sono le verze, che la tradizione prevede vengano utilizzate solo dopo la prima gelata, e le parti meno nobili del maiale, come la cotenna, i piedini, la testa e le costine.[...]"

La cassoeula e la trippa nella mia infanzia sono state grandi antagoniste: tanto non mi piaceva la prima, tanto amavo la seconda. Sono convinta che parte della mia avversione fosse legata anche all'aspetto estetico del piatto che, nella cassoeula, prendeva la forma di un mucchio di foglie giallognole, accompagnato da ossa (costine) e parti mollicce (la cotenna), la cui unica  parte, per me commestibile, consisteva nel verzino, un insaccato di pasta cruda di suino,  che la ricetta prevede uno per commensale. Per quanto mi riguardava, era una specie di premio per coloro che mangiavano anche il resto del 'mischione'. 
In seguito iniziai a mangiare anche le cotiche e le costine, ma le verze continuarono a restare tra i cibi da non degnare neppure di un assaggio. Solo di ricette sono cominciate ad andarmi a genio.
Ma veniamo alle genesi di questo piatto che mi è costato due settimane di ripensamenti.
Sarei dovuta partire dalla ricetta tradizionale, ma l'immagine triste che aleggia nei miei ricordi, mi ha fatto desistere. Sicuramente il piatto della mia nonna era più verace, ma la mia 'visione-versione' della cassoeula 2.0 non è poi così male a guardarla bene.
Come da tradizione ho messo il maiale, ma al posto delle parti più povere, ho usato la più nobile, il filetto, cotto a bassa temperatura. Non poteva mancare la verza e ho pensato di riscattarla, rispetto all'immagine poco attraente dei miei ricordi, proponendola in due varianti: cruda, per dare un po' di freschezza, e friabile come le chips, per dare croccantezza e un sapore più intenso e deciso. Ho aggiunto qua e là della gelatina di arancia, che con il maiale ci sta da dio, per dare al piatto un po' di asprezza; dadini di mela Fuji, per una punta di dolcezza; nocciole (non tostate) tritate al coltello per una nota di terra; una morbida besciamella per dare la cremosità della grassa cotenna e infine della polenta di farina di riso nero perché la polenta con la cassoeula, non manca mai (e chiedo pietà a tutti i bergamaschi, che far la polenta con la farina di riso, potrebbe crear loro qualche dispiacere).
Qui sotto la ricetta. 
Ciao nonna.


Cassoeula 2.0
Per 4 persone

Chips di verza
Lavate 4 foglie di verza, togliete le nervature più dure e tagliatele a piccoli pezzi (per variare i colori si possono usare sia le foglie esterne più scure che quelle interne più chiare). Disponete le foglie senza sovrapporle, su una teglia ricoperta con carta forno. Spennellate le foglie con olio extravergine di oliva. Scaldate il forno a 130° in modalità ventilata e fate cuocere per circa 15 minuti fino a quando non saranno diventate croccanti.
Potete preparare la chips anche con qualche ora di anticipo.

Per la verza cruda, sarà sufficiente lavare una foglia più tenera e romperla a piccoli pezzi.

Filetto di maiale cotto a bassa temperatura(*)
450 gr filetto di maiale
20 gr di burro
1 cucchiaio di olio extravergine di oliva
1 ramo di rosmarino
pepe e sale
Fase 1
Pulite bene il filetto eliminando il grasso ed eventuale tessuto fibroso esterno.
Avvolgetelo in un foglio di pellicola per alimenti adatto alle alte temperature (oppure utilizzare la pellicola trasparente per micronde). Fate aderire per bene la pellicola alla carne e chiudete le estremità con un nodo. Avvolgete nuovamente la carne in un altro foglio di pellicola e successivamente in due fogli di alluminio: cercate di isolare bene la carne in modo che durante la cottura non penetri alcun liquido.
Se invece avete una macchina per il sottovuoto, potete evitare la procedura descritta in precedenza e sigillare semplicemente il filetto in un sacchetto sottovuoto.
Aggiungere dell’acqua in una pentola capiente abbastanza da contenere il filetto e portatela a una temperatura di 90 °C, misurandola con un termometro da cucina (per motivi di sicurezza alimentare e di cottura, la temperatura non dovrà scendere al di sotto degli 85 °C ne andare oltre i 90 °C perché la carne verrebbe bollita)
ATTENZIONE: Prendete una pentola molto grande affinché la busta con il filetto possa essere immerso più o meno a due terzi dell'altezza dell'acqua, ed mai a contatto con il fondo della pentola, dove la temperatura è più alta. Inoltre il filetto dovrà essere disposto parallelo al fondo della pentola, così da garantire una temperatura omogenea su tutta la sua lunghezza.
Abbassate al minimo la fiamma e immergete completamente nell’acqua il filetto avvolto. Lasciatelo cuocere in questo modo per circa 18 minuti, cercando di mantenere l’acqua sempre a una temperatura costante.
Trascorso il tempo di cottura, estraete il filetto dall’acqua. Aprite con cautela i diversi strati di pellicola e inserite il termometro a sonda al centro della carne. Per una cottura rosata la temperatura dovrà risultare intorno ai 38-40 °C. (NB: con il mio termometro ci sono voluti almeno 3-4 minuti per misurare la temperatura effettiva).
Se così non fosse, riavvolgete il filetto nelle pellicole e prolungate la cottura. 
Fase 2
Sciogliete il burro in una padella antiaderente e aggiungete l'olio. Togliete tutte le pellicole dal filetto e adagiatelo in padella per farlo rosolare su tutti i lati per circa 2-3 minuti in totale. Aggiungete del rosmarino spezzettato e sfumate con del vino bianco e fatelo evaporare completamente.
Spegnete la fiamma, togliete il filetto dalla padella e fatelo riposare tenendolo coperto al caldo per una decina di minuti. In questo modo i liquidi al suo interno si uniformeranno perfezionando la cottura.
Servite il filetto lucidandolo con il fondo di cottura, del sale in fiocchi e una macinata di pepe.
(*) il metodo di cottura l'ho trovato a questo link. Per me è stata la prima volta e ho letto diverse pagine sul tema. Non so se si tratta di una vera e propria 'bassa temperatura' visto che di solito si parla di cotture che durano delle ore. Tuttavia il risultato è stato eccellente: carne tenerissima e rosata come dovrebbe essere la carne cotta con questo metodo.

Gelatina all'arancia
100 gr succo di arancia
1 gr di agar agar in polvere
Mettete il succo in un pentolino e versate l'agar agar, accendete il fuoco e continuando a girare, fate sciogliere la polvere. E' possibile agevolare il processo, mescolando l'agar agar con un cucchiaino di zucchero. Cuocete per almeno 5 minuti. 
Versate il liquido in uno stampino e lasciate raffreddare a temperatura ambiente.
E' possibile preparare la gelatina con un paio di ore di anticipo (non di più perché la gelatina di agar agar tende a perdere liquido (sineresi) con il trascorrere del tempo).

Besciamella bianca
30 gr di farina 00
30 gr di burro
300 gr di latte intero
sale qb
In un pentolino sciogliete il burro a fiamma bassa e farlo cuocere qualche minuto facendo attenzione a non farlo bruciare (questo serve a far evaporare l'acqua contenuto in esso).
Aggiungete la farina tutta insieme e mescolate velocemente per non far formare i grumi. Fate cuocere per qualche minuto la farina insieme al burro. Versate il latte freddo (o a temperatura ambiente) nel roux (farina+ burro) e mescolate accuratamente. Aggiungete il sale. Quando la besciamella inizierà ad addensare, abbassate la fiamma al minimo e continuate a cuocere per circa 10 minuti.
Coprite con un coperchio per evitare la formazione della pellicina in superficie.

Polenta di riso nero
100 gr di riso nero (per me 'Gran Nero' Riso Scotti)
400 gr di acqua
mezzo cucchiaino di sale fine
Frullate con un macina spezie 100 gr di riso nero fino ad ottenere una polvere molto fine; passatela al setaccio per eliminare eventuali residui.
Portate a bollore l'acqua con il sale, togliete dal fuoco e lasciatela raffreddare per circa 30-40 secondi e poi versate a pioggia la farina mescolando con vigore con una frusta per evitare la formazione di grumi. Riportate sul fuoco a fiamma bassa e cuocete per almeno 15 minuti.

"Nocciole di Giffoni" IGP 
Tritate al coltello una decina di nocciole NON tostate e con la pellicina marrone.

Mela Fuji val di Non
Prima di servire, sbucciate e tagliate a dadini mezza mela.